Colpi di Luna
Canzoni e cronache lunari (1969-2009)
Il nuovo Cd N.24 della collana Via Asiago 10 è dedicato ai 40 anni dallo sbarco sulla Luna.
Documenti originali tratti dalla diretta radio dell'evento insieme ad una ricca selezione di brani dedicati e ispirati alla Luna.
“Spargete le mie ceneri sulla Luna”. Questo il desiderio espresso da Michael Jackson.
Desiderio comprensibile per il creatore del “moonwalk”, il suo passo di danza inutilmente
copiato, ma complicato. L’Islam non consente la cremazione ed inoltre collocare i suoi resti
sul suolo lunare sarebbe stato decisamente arduo, soprattutto per chi lascia 500 milioni di
dollari di debiti.
Non sono passati inosservati i 40 anni dell’allunaggio: mostre, convegni, memorial-day, trasmissioni,
libri, ogni settore dei mass-media ha ricordato a suo modo. C’è stato anche chi
ha coinvolto nella ricorrenza l’intero anno 1969, ovvero la stagione di Woodstock e di altri
momenti indimenticabili della musica e dello spettacolo. Un motivo in più per chiudere e
ricordare metaforicamente i prodigiosi anni Sessanta, così fondamentali all’interno della cultura
giovanile.
La radiofonia non poteva mancare un tale appuntamento, visto che la musica ha sempre
sonorizzato la giornata degli astronauti all’interno delle navicelle. C’è anche chi ha compilato
una sorta di playlist degli astronauti, sulla base delle esigenze e dei gusti dei vari equipaggi.
Non è una bizzarria: si sa che le sveglie mattutine sono sempre state uno dei momenti
essenziali della vita a bordo. Sapevamo già che Johnny B. Goode di Chuck Berry e Across
the universe dei Beatles erano state a suo tempo irradiate dal Nasa Deep Space Network
nello spazio infinito come “segnali di civiltà evoluta”, ma ci siamo sentiti molto più rilassati
nell’apprendere che Neil Armstrong ascoltava nelle sue escursioni nientemeno che Music
out of the Moon di Les Baxter, dunque un brano di “exotica”, un genere che è parente stretto
della più classica sonorizzazione, quando ancora non veniva definita “ambient”.
Un viaggio musicale attraverso l’impervio sentiero selenico consente se non altro un percorso,
non necessariamente conformista. Già, perché il ruolo della Luna nelle canzoni è sempre
stato quello della eterna musa, fra complicità e ruffianate, accompagnando tremori adolescenziali
e maturi languori. Ma oggi che in questo settore prevale l’uso del “selfing”, ovvero
dell’accanimento nel ricominciare da se stessi, magari utilizzando provocazioni forti per
reagire alla crisi, tutto sembra assumere decisamente un altro aspetto. Un satellite particolare,
a volte sussiegoso altre volte di puro affiancamento, ma sempre con il fardello di svolgere
il ruolo di apripista, soprattutto nelle vicende amorose. Collocata ad una distanza tutto
sommato non così proibitiva - un ciclista di media carriera copre quella distanza più volte nel corso della sua attività – la Luna ha sempre aiutato i compositori, facendoli sognare, liberando
la loro fantasia. Il guaio è che oggi nella musica leggera nessuno indica più sogni, ma
solo obiettivi. Non è la stessa cosa.
Nel mettere a punto la nostra compilation siamo partiti da alcuni grandi temi lunari, italiani e
stranieri, tenendo presente i casi in cui quel suolo così sbrozzoloso ha decisamente portato
fortuna. A cominciare da Jenny Luna, urlatrice cresciuta all’ombra di Mina, ma in realtà,
prima ancora, ottima cantante di jazz. Romana, beniamina e cantante della Roman New
Orleans Jazz Band, Maria Clotilde Tosti sembra avere poche possibilità artistiche con il suo
vero nome e anche con il nome d’arte che utilizzerà per qualche tempo, Tilde Natil. Diventerà
definitivamente Luna nel 1957 in Libano, quando canta nell’orchestra del marito, Romano
Frigeri, già sassofonista dell’orchestra Angelini. Notevole la sua versione dal vivo di Tintarella
di Luna, tratta dal programma “Vecchio e Nuovo” del 1961. Dallo stesso programma provengono
“Blue moon” del Quartetto Cetra, Plenilunio di Nicola Arigliano e Luna caprese di
Peppino Di Capri, tre diversi momenti di pura esaltazione lunare ma anche classici destinati
a rimanere nel repertorio dei rispettivi interpreti. Da “Musica Club” del 1961 proviene
Quando la Luna, 1961, un tema di Alberto Testa messo a disposizione di Corrado Lojacono,
un cantante certamente sottovalutato, che sapeva essere interprete swing ma all’occorrenza
anche crooner. Stesso discorso per il più popolare Natalino Otto – che ha cantato e inciso
almeno una dozzina di classici americani con “moon” nel titolo – alle prese con Che Luna,
che mare stasera, 1958, brano che al di là di un titolo più che scontato, non si rivela poi musicalmente
così prevedibile, grazie anche all’orchestra di Franco Mojoli. E a proposito di
orchestre ecco lo sfolgorio – e lo swing! – di quelle guidate da Gorni Kramer e Lelio Luttazzi,
il primo già affermata star radiofonica, il triestino alle prese con le sue prime direzioni e i primissimi
(“faticosissimi”, a sentir lui) arrangiamenti. Siamo nel 1954 e le loro orchestre radiofoniche
contengono già il meglio del solismo jazzistico italiano espresso all’interno della storica
trasmissione “Nati per la musica”: ecco le loro versioni di Un po’ di Luna e il medley Blue
moon/Moonlight serenade. Al 1957 risale invece Quante lune, in cui Kramer, in questo caso
anche autore, sfoggia tecnica e ispirazione nello strumento in cui eccelleva, la fisarmonica
(ma il suo primo strumento fu il contrabbasso).
Per rimanere in tema jazzistico, ecco una autentica chicca: Johnny Desmond interprete di ‘Na voce ‘na chitarra e ‘o poco ‘e Luna, una delle più note canzoni napoletane degli anni
Cinquanta, dovuta a Ugo Calise e Carlo Alberto Rossi (qui con il testo inglese di Al Stillman).
Fra i tanti record di questa canzone quello di esser stato il brano più eseguito al cospetto di
re, regine, regnanti, sceicchi, sultani e teste coronate varie. Con un tema del genere non
poteva mancare l’omaggio al Festival di Sanremo, rispettato con la presenza di una particolare
versione della seconda classificata all’edizione d’esordio del 1951, “La Luna si veste
d’argento”, un brano che Achille Togliani eseguì al Salone delle Feste insieme alla plurivincitrice
Nilla Pizzi (ma qui al suo posto c’è Carla Boni). Luna sanremese non ha nulla a che
vedere con il festival, in quanto faceva parte della commedia musicale “Carlo non farlo”,
scritta da Garinei e Giovannini (con musiche di Gorni Kramer) per Carlo Dapporto e Lauretta
Masiero. Un brano del 1956 inserito nella più vasta satira del fresco matrimonio fra Ranieri di
Monaco e Grace Kelly. La versione di Renato Rascel è sicuramente superiore a quella del
sanremasco doc Dapporto. Il Festival di Sanremo rimanda direttamente a Claudio Villa, presente
nel nostro disco con Non aspettar la Luna, un brano del 1958, in cui il cantante romano
è accompagnato dall’orchestra del pianista e compositore di Sora Ovidio Sarra, per tanti
anni suo fedele braccio destro musicale. Dark moon è riproposto in una versione molto night
da Franco e i G5, ovvero una delle formazioni da ballo più popolari degli anni Cinquanta, guidata
dal suo leader, il fiorentino Franco Rosselli, batterista e cantante.
Allo straordinario elenco di cantanti e musicisti si aggiunge quello altrettanto sapido dei giornalisti
che commentano l’allunaggio, fra cui Danilo Colombo, Luca Liguori, Aldo Salvo,
Francesco Mattioli e uno scatenato Enrico Ameri, che qui non sembra intenzionato a “scusare”
nessuno nella sua emotiva radiocronaca condotta a tempo di contropiede. Ma prima
di loro sfilano le voci dei tre astronauti: Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins e addirittura
quella del medico dell’equipaggio, Charles Berry. Le dichiarazioni di Armstrong subito
dopo lo sbarco sono consegnate alla storia e una volta tanto sembrano sincere anche le
parole di Richard Nixon che si congratula commosso. Ecco gli intellettuali-viaggiatori: Oriana
Fallaci e Alberto Moravia, asciutti quanto basta nei loro interventi. Divulgativa la dichiarazione
dell’astronoma Ginestra Amaldi. Lirica ma non troppo malinconica la visione di Alfonso
Gatto, un altro abituato a dare del tu alla Luna, che qui si ricorda di essere poeta ma anche grande appassionato di jazz.
Dario Salvatori |