In questo disco si percepisce tutta la straordianaria formazione e le molteplici influenze musicali di Enrico Simonetti.
Simonetti da studente modello dell'accademia chigiana, diviene un musicista brasiliano d'adozione, arrivato in brasile con una accademi teatrale, fonda in poco tempo una stupenda orchestra sud-americana, in grado di rivaleggiare con le più note orchestre locali. Tornato in Italia nel 1963, Simonetti riesce a compiere la grande trasformazione da direttore d'orchestra uomo di spettacolo, lavorando molto sulla mimica facciale, sull’arte di scomporre la musica, creando un suggestivo e affascinante equilibrio fra note e parlato, swing e favolette, blues e voce recitante, ballad e proto-jingle pubblicitari. Di fatto impone uno stile, rarefatto ma efficacissimo. Questo stupendo cd ce lo ripropone alla radio, dove con altri mezzi e in diverse situazioni, ripropone ciò che lo affascina di più. Ottimamente spalleggiato da Giorgio Calabrese eccolo alla prese con la musica e i tempi di Woody Herman, chef d’orchestra molto caro alla generazione di appassionati che iniziò ad ascoltare dischi negli anni Quaranta. Ma c’è tempo anche per altri due pilastri dello swing, Benny Goodman e Glenn Miller, omaggiati con trascinanti versioni di Oh, Lady Be Good! e Moonlight Serenade. La classica articolazione swing, con largo uso di sincopi, con la tipica percezione di un suono come anticipato o ritardato rispetto alle attese implicite in un determinato contesto, lascia il posto alla perfezione formale di George Gershwin e del suo The Man I Love. Del tutto diversa l’atmosfera di Artistry in Rhythm, dove l’omaggio all’arte rarefatta e al jazz impressionistico di Stan Kenton è trattato con preziosità quasi scientifiche. La materia sonora presenta un accorto e massiccio uso di trombe e tromboni, in un gioco violento di contrasti, addirittura con quell’enfasi titanica di certe sortite artistry al limite della bizzarria e di quel mathematical approach tipicamente kentoniano.